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Confessioni di una (quasi) suicida - Sylvia Plath e la campana di vetro




​​​​​​⭐⭐⭐ Classificazione: 3 su 5. La campana di vetro Autore: Sylvia Plath Editore: Oscar Moderni Genere: Romanzo autobiografico Anno edizione: 2022 Pagine: 210 Consigliato? No

Oggi vi presento questo romanzo di Sylvia Plath, e faccio una premessa, avevo grandi aspettative su questo romanzo, e fino a pagina 97 circa, il libro non era male, purtroppo poi è andato tutto in discesa.

A parlare è Esther, diciannovenne statunitense che, grazie a un premio, ha l’occasione di compiere un mese di praticantato a New York, in una nota rivista di moda. Ma questa è solo una delle tante avventure che la protagonista affronterà, tra queste, come apice della sua storia, anche il ricovero in un istituto psichiatrico.

Già da inizio romanzo si capisce come la protagonista si altamente disturbata, e non mi dispiaceva l'idea di approcciarmi a una protagonista con difficoltà di inserimento nel mondo, pensieri contrastanti riguardo la vita, ma il libro è risultato forse fin troppo volto a mostrare le difficoltà affrontate dalla protagonista in modo brutale. I pensieri suicidi creano un climax crescente che sfocia in un ricovero in ospedale psichiatrico.

Nonostante non mi sia piaciuto, ho voluto approfondire le tematiche, soprattutto sapendo che si trattava di un romanzo autobiografico. E nonostante porti con sé malinconia e racconti le terribili condizioni in cui versavano le persone con problemi psicologici e psichiatrici negli anni ’60 – con l’utilizzo anche dell’elettroshock a cui è sottoposta la stessa Esther, di per sé è ottimistico, perché Esther dopo una serie di sofferenze e cure rinasce, in un certo senso, o perlomeno volge la sua vita verso una rinascita e un miglioramento, nonostante i continui pensieri suicidi, chiede aiuto. Per questo motivo lo definirei un romanzo di formazione, in questa cornice giovanile con grande attenzione anche al turbamento psicologico, la depressione che porterà Esther anche a tentare il suicidio. Seguirà la reclusione in un istituto psichiatrico e il suo percorso verso la riabilitazione.

Viene comunque descritta in modo molto vivido la sua prima esperienza con l'elettroshock, Esther è terrorizzata dalla pratica, il dottore la rassicura dicendole che molti hanno paura di morire, ma poi non succede nulla. Negli anni '50, l'elettroshock era una procedura controversa ampiamente utilizzata per il trattamento dei disturbi mentali, inclusa la depressione grave e altre condizioni psichiatriche. L'ECT coinvolge l'applicazione di correnti elettriche attraverso il cervello al fine di indurre una breve crisi convulsiva controllata. La procedura veniva generalmente eseguita sotto anestesia generale e con paralisi muscolare per prevenire lesioni fisiche durante le convulsioni. Veniva utilizzato principalmente per trattare la depressione grave, la schizofrenia e altri disturbi mentali gravi e resistenti ad altri trattamenti. Era spesso considerato un'opzione quando i farmaci e le terapie tradizionali non avevano avuto successo.oè stato comunque oggetto di forti controversie e critiche già in quegli anni. Alcuni lo vedevano come un trattamento utile, mentre altri lo consideravano crudele e inumano. C'era preocc upazione per gli effetti collaterali, che potevano includere amnesia temporanea e confusione dopo il trattamento.

Negli anni '50, il trattamento dei malati mentali variava notevolmente a seconda del paese, della regione e delle risorse disponibili in un determinato luogo. Tuttavia, ci sono alcune tendenze generali che caratterizzano l'approccio alla salute mentale in quel periodo:

Istituzionalizzazione: In molti paesi, inclusi gli Stati Uniti e molti paesi europei, i malati mentali venivano spesso istituzionalizzati in ospedali psichiatrici. Questi ospedali erano spesso sovraffollati e fornivano cure di qualità variabile. Gli individui venivano spesso separati dalle loro famiglie e tenuti in istituzioni per lunghi periodi, talvolta per tutta la vita.

Terapie biologiche: Negli anni '50, le terapie biologiche come l'elettroshock e la lobotomia erano in uso. L'elettroshock veniva utilizzato per trattare una varietà di disturbi mentali, mentre la lobotomia era un intervento chirurgico che comportava la rimozione di parti del cervello. Queste pratiche erano spesso somministrate senza il consenso informato dei pazienti e potevano avere effetti collaterali significativi.

Farmaci psicotropi: Negli anni '50, sono stati sviluppati i primi farmaci psicotropi, come il clorpromazina (un antipsicotico) e il litio (per il trattamento del disturbo bipolare). Questi farmaci hanno aperto nuove possibilità di trattamento per i disturbi mentali.

Stigmatizzazione: C'era ancora un forte stigma sociale associato alla malattia mentale negli anni '50, il che ha contribuito a mantenere i malati mentali nascosti e isolati dalla società.


Approccio psicodinamico: L'approccio psicodinamico alla psicoterapia, sviluppato da Freud e altri, era ampiamente utilizzato negli anni '50. Questa forma di terapia si concentrava sull'analisi dei processi inconsci e sulle esperienze passate del paziente per comprendere e trattare i disturbi mentali.

Il disagio principale dell'opera è il modo in cui un tempo venivano trattate le patologie mentali.

La campana di vetro non è una lettura semplice, e tantomeno leggera. Non per il linguaggio, che anzi, è estremamente lineare, ma per il peso delle parole usate, talmente chiare e dirette da riuscire a trasmettere al lettore tutta l’intensità del suo tormento, come fossero una raffica di stilettate. Un libro complesso, perché sono tanti i temi che affiorano e su cui ci si potrebbe soffermare, ma come spesso accade, sta al lettore riuscire a focalizzare l’attenzione su quelli che sente più vicini a sé stesso e al proprio vissuto. Tutti, nel corso della vita, facciamo i conti con uno o più demoni… alcuni riusciamo a sconfiggerli e altri, invece, continuano a camminarci accanto, fino alla fine dei loro giorni.

Ci si deve preparare, per leggere un libro così. si deve essere pronti alla durezza, anche perché si sente il bisogno di leggerlo anche perché è cosa nota che ci porterà molto vicino ai motivi che hanno spinto l’autrice a suicidarsi. Neppure un mese dopo la pubblicazione (sotto pseudonimo) di questo romanzo, infilerà la testa nel forno a gas e troverà ciò che cercava. Aveva trent’anni e due figli a cui poco prima aveva preparato la colazione, quindi li aveva chiusi nella loro cameretta, sigillando la porta con cura per non rischiare che il gas potesse raggiungerli. Non era la prima volta che tentava il suicidio, esattamente come Esther. Fu proprio dopo il primo tentativo, a vent'anni, che uscì questo romanzo.

Oltre ai temi espliciti e palesi della storia, vediamo protagonista anche un maschilismo intrinseco in ogni manifestazione di esistenza sociale, che sembra depositarsi su Elizabeth strato dopo strato fino a farne collassare la superficie e convincerla che tra lei e il mondo non esistono punti di contatto né margini di trattativa.

Ultima tematica è lo sfondo, la cornice delle vicende, la Grande Mela e alla massa informe di sogni che illudono la protagonista in tutto e per tutto.

La città di New York svolge un ruolo significativo nel romanzo "La campana di vetro" di Sylvia Plath. Come vi ho accennato, la storia è ambientata negli anni '50 e segue la vita della giovane protagonista Esther Greenwood, una donna che sta attraversando una profonda crisi esistenziale e psicologica. La trama ruota attorno all'estate che Esther trascorre a New York City come stagista presso una rivista di moda, un'esperienza che inizialmente dovrebbe essere entusiasmante ma che si trasforma in un periodo di alienazione e disillusione.
La città di New York funge da sfondo simbolico per la disconnessione e l'isolamento di Esther. Mentre si trova in questa metropoli vivace e frenetica, Esther si sente spaesata e alienata. La sua percezione della città è caratterizzata da una sensazione di oppressione e claustrofobia, che riflette il suo stato d'animo. La pressione per adattarsi alle aspettative sociali e per avere successo professionalmente in una città così competitiva contribuisce al suo deterioramento mentale.
Il titolo stesso del romanzo, "La campana di vetro", fa riferimento alla sensazione di essere intrappolata o isolata, come se Esther fosse chiusa in una campana di vetro, incapace di connettersi con gli altri o di trovare un senso di appartenenza. La storia di Esther è una rappresentazione cruda e realistica delle sfide che molte donne affrontavano negli anni '50, compresa la pressione sociale per conformarsi agli stereotipi di genere e le difficoltà nella ricerca di un'identità autentica.

Il finale del romanzo "La campana di vetro" di Sylvia Plath è aperto e ambiguo, lasciando la sorte della protagonista, Esther Greenwood, in sospeso. Il romanzo si conclude con una nota di incertezza che riflette la continua lotta di Esther con la sua salute mentale e il suo senso di identità.
Nel capitolo finale, Esther è ricoverata in un ospedale psichiatrico dopo un tentativo di suicidio. Durante la sua permanenza, subisce una serie di trattamenti, tra cui elettroshock (ECT), e si trova in uno stato di completa disconnessione dalla realtà. Esther si sente "in un calderone di olio bollente", e il mondo esterno sembra lontano e distorto. La campana di vetro metaforica che la circonda è diventata ancora più pesante.
Il romanzo si chiude con Esther che riflette sulla sua situazione e sulla sua incertezza riguardo al futuro. Non sappiamo se riuscirà a superare la sua malattia mentale o come sarà la sua vita dopo il ricovero. Il finale rimane senza una conclusione definitiva, suggerendo che la lotta di Esther contro la sua malattia è ancora in corso.
Questo finale aperto è emblematico della natura ambivalente del romanzo, che riflette le esperienze di Sylvia Plath con la sua propria malattia mentale. La storia di Esther è un'esplorazione toccante dei problemi di salute mentale e delle sfide affrontate da molte donne in un'epoca in cui tali questioni erano spesso trascurate o stigmatizzate. La campana di vetro rappresenta l'isolamento e la sofferenza di Esther, ma anche il desiderio di trovare un senso di liberazione e identità.

Si tratta comunque di un romanzo degno di nota che appunto ti cattura, come ho detto, e non puoi fare a meno di leggerlo, purtroppo non è tra i miei romanzi preferiti, ti lascia un senso di angoscia e incompletezza, vedere una protagonista essere vittima dei suoi stessi pensieri non mi è piaciuto, in ogni caso è una storia ben riuscita e il giudizio che ho espresso è totalmente personale, e non dovrebbe incidere sulla lettura del romanzo da parte vostra.



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